Perché la fine del mondo non è che la fine di un mondo
di Agnese Falcarin
Uno spazio nero, la penombra, uno strato di cenere che ricopre tutto e R.Y.F. (Francesca Morello) con la sua chitarra: così troviamo ad accoglierci la scena di Tutto Brucia, con l’impressione che in realtà il fuoco abbia già distrutto il mondo e, con la certezza che chi è rimasto sia un sopravvissuto. È di vittime e superstiti che si parla, infatti, in questa nuova produzione dei Motus che ha debuttato a Roma nel settembre 2021. Tutto Brucia è una citazione diretta di Cassandra, figura mitica e profetica che ha previsto le tragedie dell’oggi a cui i registi e ideatori del progetto, Daniela Nicolò ed Enrico Casagrande, hanno dato un ruolo centrale in questa produzione in quanto una delle donne protagoniste nella riscrittura di Sartre del testo Le Troiane di Euripide. Non è la prima volta che i Motus affrontano un testo tragico. Negli anni passati, per esempio, lavorarono sul testo di Antigone creando ben tre performance (Let the Sunshine in, 2009; Too Late!, 2009; Iovadovia, 2010) ed uno spettacolo conclusivo (Alexis. Una tragedia greca, 2010) che ci racconta in maniera frammentaria e approfondita un tema che è troppo ampio e controverso per essere risolto con una drammaturgia lineare e cioè che Antigone è simbolo di rivolta, ora come allora, “È l’uomo o la donna della fraternità contro l’uomo o la donna della filialità. Antigone è dunque una figura politica, eminentemente politica.” In Tutto Brucia la politica c’è, ma non è il tema dominante. La parole antiche che vengono recitate, sussurrate, urlate e cantate aprono porte nel nostro immaginario collettivo. Mai come oggi le parole di Euripide, magistralmente rielaborate da Ilenia Caleo, che ci raccontano la fine di un’era, quella degli eroi omerici, il dolore delle donne, l’impotenza di fronte alla storia e lo strazio del lutto ci possono colpire nel profondo. Questo spettacolo bombarda continuamente di stimoli gli spettatori causando in alcuni momenti un certo disorientamento. Ritmo, dinamismo, ambiente sonoro e fluidità della scena sono quasi sempre le principali caratteristiche di questo gruppo teatrale. In maniera atipica questa volta non troviamo l’apparato video, tratto distintivo dei Motus, di cui invece resta solo lo schermo nero e plastico dove i corpi vengono avvolti fino ad affogarci dentro. La voce e il corpo rotto e spezzato di Ecuba, la vecchia, le urla strazianti di Polissena, che sacrifica se stessa concedendosi al nemico, l’invocazione ai morti fatta da Andromaca, la vedova, le visioni mai credute di Cassandra, la pazza, e infine il corpo più fragile e inerme, quello del bambino naufrago, quello di Astianatte, rappresentano i soggetti più esposti e vulnerabili della nostra società. Il tema del lutto mi sembra uno di quelli su cui fermarsi a riflettere riprendendo il quesito posto da Judit Butler su quali siano le vite degne di essere vissute, su quali siano le vite degne di una sepoltura in un momento storico in cui sono ancora impresse nelle nostre cornee le immagini dei camion militari che trasportano le vittime di covid fuori dalla citta di Bergamo, in un mondo in cui i morti nel mediterraneo non sono nemmeno numerabili, in un mondo che sta per finire a causa della crisi climatica di cui siamo vittime ma al contempo protagonisti. Il lutto viene elaborato attraverso i lamenti funebri strazianti di Ecuba / Silvia Calderoli, tipici delle veglie del sud descritte da Ernesto De Martino, e le danze di Cassandra/Stefania Tansini che squarcia l’aria con un pesante coltello e un falcetto contadino, come nei riti collettivi di cordoglio scomparsi del sud Europa e gira vorticosamente su se stessa come un derviscio in preda al fervore divino illuminandosi con due barre led. E allora queste vite, queste donne troiane si trasformano in altro. La metamorfosi tanto cara al mito greco viene riproposta qui attraverso una serie di sculture/resti animali coperti da uno strato nero e lucido di vernice che ricorda il catrame delle petroliere che affondano in mare. La plastica e ciò che abbiamo prodotto invade il mondo. Ad Ecuba, che secondo la mitologia ha un forte rapporto con l’animalità e nelle Metamorfosi di Ovidio si trasformerà in una cagna che latra all’infinito perdendo a causa del dolore il suo lato umano, viene affidato l’onere di chiudere uno spettacolo pieno di domande e inquietudini.
“Ora è troppo tardi. Aspettiamo che il futuro torni di nuovo e tra duemila anni ancora il nostro nome sarà su tutte le bocche e quando saremo solo atomi e fiato voi maledetti non potrete fare niente, niente contro questa memoria che vi divora. Perché saremo tutto e saremo ovunque capaci di trasformarci in qualsiasi cosa e andare.”
immagine in evidenza: Tutto brucia, fotografia di Claudia Borgia.
Credits dello spettacolo
Ideazione e regia Daniela Nicolò e Enrico Casagrande
con Silvia Calderoni, Stefania Tansini e R.Y.F. (Francesca Morello) alle canzoni e musiche live
Testi delle lyrics Ilenia Caleo e R.Y.F. (Francesca Morello)
Ricerca drammaturgica Ilenia Caleo
Cura dei testi e sottotitoli Daniela Nicolò
Traduzioni Marta Lovato
Direzione tecnica e luci Simona Gallo
Assistente direzione tecnica e luci Theo Longuemare
Ambienti sonori Demetrio Cecchitelli
Design del suono live Enrico Casagrande
Fonica Martina Ciavatta
Assistenza tecnica Francesco Zanuccoli
Props e sculture sceniche _vvxxii
Video e grafica Vladimir Bertozzi
Produzione Elisa Bartolucci con Francesca Raimondi
Organizzazione e logistica Shaila Chenet
Promozione e comunicazione Marta Lovato con Francesca Lombardi
Ufficio stampa comunicattive.it
Distribuzione internazionale Lisa Gilardino
Una produzione Motus e Teatro di Roma – Teatro Nazionale con Kunstencentrum Vooruit vzw (BE)
Progetto di residenza condiviso da L’arboreto – Teatro Dimora | La Corte Ospitale Centro di Residenza Emilia-Romagna e Santarcangelo dei Teatri
In collaborazione con AMAT e Comune di Fabriano nell’ambito di “MarcheinVita.
Lo spettacolo dal vivo per la rinascita dal sisma” progetto di Mibact e Regione Marche coordinato da Consorzio Marche Spettacolo
Con il sostegno di MiC, Regione Emilia-Romagna
Si ringraziano HĒI black fashion, Gruppo IVAS