di Gian Paolo Caprettini
Mi aspettavi Wanda quel giorno,
per arrivare da te
non so perché
avevo preso il tram - romanzo,
la circolare rossa,
quel mezzo che era
come una cinepresa.
Dentro Trastevere anche si passava,
l'aria vera di Roma,
anzi quel profumo di sughetto
eterno come la speranza dei poveri.
Il centro di Roma non c'è,
anche allora era un'ipotesi,
un monumento, una rovina qualsiasi
poteva sembrare eterna
come quella amatriciana
che sognavo scendendo alla fermata.
Un po' Fellini, un po' Pasolini, un po' De Sica,
tua sorella teneva pronta la vaccinara di quartiere
che soltanto al Testaccio sanno fare.
Tutta la casa aspettava Paolo, me,
eravamo amici perché
io e te lo sappiamo
e quell'omo nero che non ti amava,
e i Gialli Mondadori che tu divoravi a casa mia a Torino
quando facevi finta di lavorare.
Ma allora era Roma,
i carciofi alla giudia
e le tue memorie appetitose
o tragiche
non ricordo.
Ero un ragazzo
che prendeva la circolare rossa,
amavo la lentezza di quell'abbraccio
con cui il tram circondava Roma.
Una città con mille centri
come dicevi tu.
Ognuno faceva la carbonara a modo suo
ma votava soltanto
chi la mangiava in compagnia.