di Carlo Infante
Una periferia è la condizione limite di un paesaggio urbano. Una soglia periferica che degrada, geograficamente e socialmente, in via direttamente proporzionale alla sottrazione di servizi pubblici. Eppure ci piace pensare la periferia come una condizione eccentrica che si attesta al di là dal centro, deviandone la potenzialità attrattiva, creando propri mondi.
Dopotutto il paesaggio di una città è di fatto quello delineato dalle storie inscritte nelle sue geografie.
Un paesaggio è come il volto di un territorio, una forma segnata dalla vita che scorre lasciando rughe che incidono la coscienza dei luoghi, scorrendo come un torrente carsico, dentro e sotto.
È questo lo spirito con cui Urban Experience esplora i territori, rilevando le tracce di chi li ha vissuti e attraversati, con sguardo psicogeografico e pensiero laterale, per rivelare il senso di quei luoghi, interpretandone la trama. Attraversamenti che giocano una ricomposizione delle tracce che delineano Paesaggi Umani fatti di antropizzazione, storie inscritte nelle geografie, riscatto sociale, destini politici e poetici.
Con Urban Experience esploriamo i territori e spesso scopriamo di viaggiare dentro noi stessi quando ci ritroviamo in luoghi che ci ricordano cosa cerchiamo, errando e narrando.
Dopotutto narrare, nel suo etimo latino gnarigare (gnoscere: conoscere e igare: agire), sottende il far conoscere agendo. Non si raccontano storie, si narra, rilevando e ricombinando frammenti di memoria camminando, conversando e comunicando in performing media attraverso lo streaming web-radio delle esplorazioni psicogeografiche.
La folksonomy della festa mobile
La definizione che diamo a queste esplorazioni è walkabout per creare le condizioni abilitanti attraverso conversazioni peripatetiche tese a dinamizzare il confronto connettivo dei partecipanti in un esercizio d’empatia. Per essere più precisi: si tratta di un format di innovazione culturale che si connota come esplorazione partecipata, utilizzando media radiofonici e web per sollecitare quelle dinamiche realmente interattive di cui è alimentato il performing media storytelling, in cui la narrazione è inscritta nell’azione. Ciò permette di interpretare l’innovazione al di fuori delle inerzie convenzionali dei social media, usandoli con criterio per esprimere una folksonomy, ovvero una tassonomia popolare della storia e della geografia della città. Un approccio inscritto nelle strategie dell’innovazione adattiva, tesa ad armonizzare l’avanzamento tecnologico con l’evoluzione umana.
Si percorrono le periferie urbane come un flusso vitale e senziente, una festa mobile di attenzione e coprogettazione, in una sorta di smart community nomade che esercita un urbanismo tattico teso a ripensare il contesto urbano, mappando, con impronte psicogeografiche, un geoblog funzionale a rilanciare il desiderio di Roma, con le sue storie inscritte nelle geografie, da nord a sud, dal centro alle periferie dove nell’antichità, lungo le vie consolari, c’era la città più bella.
La piccola scuola di geopodcasting a Corviale
Ciò che facciamo con Urban Experience è cercare di riconfigurare lo sguardo sui territori che attraversiamo, esercitando delle chiavi narrative che aprano la percezione su prospettive extra-ordinarie.
Come abbiamo fatto spesso a Corviale, dove l’esplorazione può essere considerata un’esperienza psicotropa. Lo abbiamo detto più volte: Roma è psicotropa: agisce sulle funzioni psichiche, ricombina lo sguardo urbano, spiazza (l’etimo di tropo sottende proprio questo: “ciò che volge altrove”), switchando tra la bellezza aulica e la bruttezza dell’abbandono che rivela percezioni impreviste. È questo l’andamento che ci ispira, spaesarsi per poi ricombinare emozioni e informazioni in un performing media storytelling in cui la narrazione è inscritta nell’azione potenziata dai nuovi media, attraverso il geopodcasting.
Ne abbiamo fatte talmente tante di queste conversazioni-esplorazioni radionomadi, intimamente psicogeografiche, che abbiamo acquisito una competenza precisa nel giocare con lo spaesamento. È questo principio attivo dell’esplorazione narrante che ci permette di rilevare quel valore per cui Roma è riconosciuta la capitale mondiale: il declino. Dopotutto ciò comporta una capacità di elaborarlo il declino, per superarlo. Roma lo ha già fatto più volte, nei secoli, più di ogni altra città.
A proposito di declino, Corviale è un emblema di come si possa superarlo: trent’anni fa era un luogo impraticabile, oggi sta diventando uno dei luoghi-evento dell’Estate Romana. Già nel 2010 eravamo intervenuti in quel contesto, non ancora oggetto di rigenerazione urbana, realizzando un geoblog, una mappa interattiva in cui inscrivere le storie registrate dai bambini della Scuola Elementare Mazzacurati nelle geografie di quel condominio lungo un chilometro. Da allora abbiamo fatto tanti altri walkabout anche notturni (come quello del 2012, una vera epifania), azioni nomadi come la Piccola Scuola di Geopodcasting realizzata, in modalità itinerante (registrando e pubblicando podcast georeferenziati), nel 2022 per il progetto Street Art for Rights.
Uscire dentro
Le distopie delle periferie romane possono essere inquietanti o affascinanti ma le consideriamo fondamentalmente utili perché attivano gli anticorpi per interpretare la complessità, come nelle favole migliori dove la narrazione si fonda sul superamento delle difficoltà, attraversando le paure che esercitano circospezione. Dopotutto le distopie svolgono questa funzione: attivano coscienza attiva e vigile. Le parole sono importanti anche per questo, delineando condizioni limite, come Uscire Dentro, il titolo che abbiamo dato a diversi walkabout, tra cui quelli a Corviale. Era uno slogan politico-poetico di Franco Basaglia che ha aperto la società chiudendo i manicomi nel 1978. L’unica vera rivoluzione che ha fatto il nostro Paese.
Palazzone.
Con Anappo.
Corviale 2015, scalone.
Su passerella.
Immagine in evidenza: V Stato.