Dalla stanza al confine, dal confine alla stanza

A cura di Luigi Colagreco / SINESTETICA 

Poesie di Loretto Rafanelli e Jean Portante

Quando la notte inclina
in una cortina d’ombre,
la stanza raggruma una via
che passa montagne,
cortili, stanze, stazioni.
In questo andito i tamburi battono
in una spiaggia sconosciuta,
e le pareti si fanno leggeri
cenni, non serve
cambiare lo sguardo
perché ormai è inverno. Forse
è meglio aspettare inginocchiati
il mattino1.


*

Questa cinta di pietre è come
un ultimo velo armato,
una coltre di piatto buio
nella muta città. E
addentrarsi nella cerchia di segni
ferrosi è un fronte vuoto.
È bene fuggire nella terra
delle fiaccole, dei licheni,
nella rarefatta campagna estiva,
che il caldo mura nel suo continuo,
struggente baluginare2.

*

Il mare è una ruvida patria e nel suo
velo di pace cinge il silenzio in un saluto
di ruggine di sangue. E il fiore della valle
è l’estremo passaggio che cogli, un ricordo
che lascia inteso un imbrunire che è un tonfo
secco, la scarsità delle ore, la presenza
in questa piazza ampia, deserta3.


Loretto Rafanelli, Presidente del Centro di Poesia e altri Linguaggi di Chieti e Presidente di giuria del Concorso nazionale Sinestetica

Loretto Rafanelli @alessandrobattista 2019

I

Supponendo che tu a volte scuota
la testa come un pendolo oscillando
tra colline e valli – la savana
è meno vasta del solito

e più grande è il cerchio di fuoco
attraverso il quale salti
senza fantasmi questa volta
per contare le ore come se l’acqua

fosse passata di là o l’oblio
o il guerriero che nella rotondità infuria
– la rincorsa per il salto

non l’hai ancora presa alla periferia
del fuoco perché nel centro
sopravvivere è lo specchio teso alla morte.



II

Supponendo che questo ritardo
sulle cose che verranno o
questo vantaggio
su ciò che passa

siano i due poli
di una calamita triste –
tu estrai come lei
dalla gravità la terra

e dalla terra la terra ancora
poi viene la pietra
è dei tuoi ultimi due gridi

che parlo
prima di salire
sul patibolo.



III

Supponendo che due lame
taglino la lingua
l’ultima ferita
inflitta alla ferita
come la durezza
deve solo alla pietra
il suo debole
per le cose dure

o il grido al grido
e il silenzio non c’entra
né il confine

che costantemente oltrepassi
di notte quando dall’ombra
si separa il corpo4.


Jean Portante, Premio di Poesia “Città di Pescara – Sinestetica” 2019 e membro del Centro di Poesia e altri Linguaggi

Jean Portante @alessandrobattista 2019
  1. Loretto Rafanelli, “Quando la notte”, ne A ogni stazione del viaggio, Milano: Jaca Book, 2021, p. 60.
  2. Loretto Rafanelli, “È bene andare”, ne Il tempo dell’attesa, Milano: Jaca Book, 2007, p. 50.
  3. Ivi, p. 47.
  4. Jean Portante, “Supponendo”, inedito, 2023.

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