Storie di Intelligenza artificiale tra Accademia Albertina e Unito
di Elisabetta e Gianmaria Ajani
con il contributo visionario di Giulia Polla, Francesca Ventura, Chiara Petrolo, Francesca Porro, Claudia Gasparre, Lisa Trinchieri
Le sperimentazioni in Accademia
Due anni di sperimentazione con l’Intelligenza Artificiale per la Scenografia Cinema TV, con gli studenti di Scenografia Cinema TV e Applicazioni Digitali dell’Accademia Albertina di Torino.
Un’esperienza di generazione visiva che sperimenta diverse linee di ricerca, tra cui l’utilizzo e le scelte delle applicazioni in base alla propria cultura artistica per relazionarsi con i prompt (Midjourney, Bing, DALL-E, Adobe, Fireflye). In ambito creativo, la ricerca è indirizzata a come connettere l’interfaccia della mente umana con il cervello digitale in rapporto al tipo di progetto visivo. La creazione di immagini per i set cinematografici, spazi installativi, mostre interattive, ambienti per la moda…
In due anni di ricerca sono state realizzate diverse produzioni artistiche nel 2023 con vari partner, un work in progress che si svilupperà nel 2025 con la progettazione di un’opera scenografica partecipata all’Expo Universale di Osaka 2025: una grande bolla di 10 metri in cui il pubblico sperimenta i prompt, generando immagini che entrano nel circuito dell’opera – Animalario e Flora artificiale – in collaborazione con lo Share Festival e le Project Managers Francesca Ventura, Claudia Gasparre e Lisa Trinchieri. Generazione di animali e piante, a rischio estinzione, in cui vengono mixati elementi naturali/organici e artificiali (come circuiti elettronici, metalli…). Il lavoro è stato frutto di conversazioni tra intelligenze umane e artificiali. A seguito dell’analisi di ricerca sugli ecosistemi in pericolo d’estinzione, ispirati dall’articolo di Bruce Sterling All-Natural, si è sperimentato con Midjourney ibridando elementi naturali/organici con altri artificiali, propri dell’immaginario cyberpunk. Si genera, provando a creare ambienti parlanti intelligenti, ove l’obiettivo è usare la tecnologia a favore della creatività, mai subendo, sempre approfondendo.
Tra intelligenza cerebrale e digitale
Ci sono casi in cui AI aggira l’ostacolo, ad esempio il “caso De Chirico” per il film La Chiocciola di Roberto Gasparro, in cui era necessario allestire un set con quadri di Giorgio De Chirico. La Fondazione De Chirico non concesse l’autorizzazione. Si decise allora di creare una nuova metafisica in AI, ispirata agli ambienti del grande artista: vero o falso? Naturale o artificiale? Legale? Noi ancora sperimentiamo. E allora si shakera, mischiando gli ingredienti. La filosofia è usare una mente open che gioca tra la sfera artificiale e le antiche arti della scenografia naturale, evoluta oggi in versione green, scenografia del riciclo. Applicare una progettazione visionaria in AI a una lavorazione artigianale della scenografia green a basso impatto sul pianeta, riciclando e rigenerando materiali, e tessendo relazioni di collaborazione sul territorio con i cittadini del Cilento, e creando così un evento partecipato di scenografia territoriale.
Molto si è discusso ultimamente sulle possibili sfide alla creatività umana portate da sistemi di GAN (Generative Adversarial Networks), guidati da una intelligenza artificiale che è stata “informata”, attraverso il deep learning, a riconoscere decine di migliaia di immagini presenti in Internet. Senza dubbio, il tema è capace di mettere in crisi classificazioni consolidate, in particolare per quanto riguarda il diritto d’autore. Pensiamo ad una macchina che, seguendo il prompt fornito da chi ha ideato gli algoritmi, produca immagini non prevedibili.
Il caso non è teorico: nel 2018 un collettivo di artisti, Obvious, ha infatti prodotto, tramite un sistema di algoritmi prodotti in un sistema di GAN, una serie di ritratti che si distinguono per uno stile di rappresentazione indubbiamente originale rispetto all’estesa produzione di ritratti che ha caratterizzato la storia dell’arte. Tali opere sono indubbiamente originali, poiché presentano caratteri innovativi rispetto a quanto presente nella produzione nota agli storici dell’arte. Nonostante ciò, tali opere sono prive di autore. Lo stile classico, che prevedeva che il dipinto fosse attribuibile all’artista che ha firmato l’opera, appare superato dalla scelta di firmare i ritratti della serie Bélamy con il codice che rappresenta l’algoritmo che avrebbe “prodotto” l’opera. Ancora, è da ricordare che un ritratto di tale serie è stato aggiudicato ad un’asta battuta da Christie’s per una somma superiore ai 430.000 dollari. In breve, ci troviamo di fronte ad un dipinto realizzato da un complesso sistema di macchine digitali, che non trova riconoscimento quale opera d’arte nel mondo del diritto, perché non è possibile riconoscere un autore umano, ma che al contempo viene riconosciuto dal “sistema dell’arte” come opera degna di apparire in asta e di essere aggiudicata per una cifra ragguardevole.
Questo caso ci dice molto sulla tensione oggi presente fra il mondo digitale, che è in grado di creare opere con un notevole livello di gradimento estetico, e il mondo del copyright che, in assenza di un autore “umano” identificabile, non assegna protezioni particolari a tali opere artificialmente prodotte. Il caso dell’arte artificiale, in quanto priva di quell’afflato soggettivo, detto anche “personalità dell’autore”, di reminiscenza romantica ed ottocentesca, che non trova protezione nel mondo del diritto d’autore, si differenzia non poco da una prassi di utilizzazione degli strumenti dell’intelligenza artificiale da parte degli artisti. In tale secondo caso, infatti, l’opera risultante non può essere considerata di produzione autonoma da parte di una rete di macchine guidate da algoritmi; piuttosto, può essere intesa come l’esito di un lavoro dell’artista “umano”, che si avvale dell’intelligenza artificiale come un ausilio tecnico, in grado di stimolare la creatività, ed anche di proporre soluzioni, ma tutto ciò sempre dentro il controllo dell’artista umano.
Strumento un poco più sofisticato di un pennello, la macchina digitale, in questi casi, affianca l’artista, lasciando a quest’ultimo il controllo sul risultato finale dell’opera. Corretto, quindi, in tali casi, riconoscere la protezione del diritto all’artista, proprio in ragione di tale potere di controllo, che lo rende a tutti gli effetti – e quindi anche per il diritto – autore.