di Lorenzo Gnata
GLAUCOMA fa parte della serie di progetti ed esperimenti social creati da Michele Galli e pubblicati all’interno delle sue pagine Facebook e Instagram SoContemporary. Lo stesso Michele Galli è frutto di un esperimento di new media art, in quanto si tratta di un’identità esistente solo in rete e che, proprio della rete, fa il suo terreno d’azione. Un esperimento volto a sondare i limiti e le possibilità dei social network, con una grande attenzione rivolta alla questione della verità, oggi sempre più difficile da toccare, immersi come siamo in un oceano di fake.
Il progetto GLAUCOMA nasce agli inizi del 2021 (sebbene un esperimento analogo, ma dai tratti forse troppo ermetici, sia stato già pubblicato qualche anno prima sempre da Galli) in risposta alla sempre più stringente politica dei contenuti presente nei social della galassia di Zuckerberg. Una condizione estremamente vincolante per tutti gli artisti visivi che si occupano di nudo, o per chiunque si trovi a pubblicare opere della storia dell’arte contenenti nudità. Situazione ancora più contraddittoria nel momento in cui si osservano i contenuti pubblicati dai profili con la famosa spunta blu, i quali possono permettersi di osare maggiormente rispetto agli individui standard, sottolineando ulteriormente la condizione di forte gerarchia che governa i social network.
In risposta a questo, il progetto GLAUCOMA si inserisce a metà tra l’attivismo e l’ironia. Le opere della storia dell’arte, da Giotto ai giorni nostri, vengono sottoposte ad un processo di cancellazione mirata, non volta a coprire le parti intime dei soggetti, ma il loro esatto opposto. Un’anti-censura che espande il famigerato “bollino nero” a tutto il corpo dell’individuo, coprendo ed oscurandone ogni sua parte, fatta eccezione per le aree comunemente censurate. In questo modo, come trascinati in un vortice visivo, l’attenzione si focalizza unicamente sulle zone tanto incriminate dalla censura, in una dimensione di astrazione che confonde e disorienta l’algoritmo incaricato di regolamentarle. L’intera opera si sfalda, perdendo d’importanza, e lo sguardo resta intrappolato in quell’indugio visuale che trascina ogni cosa a sé. Una tentazione voyeurista; l’irresistibile necessità di spiare dal buco della serratura quelle zone tanto incandescenti, bramando una totalità della figura a noi preclusa.
Lo stesso titolo del progetto si rifà ad una condizione di malessere visivo. Il glaucoma è una malattia oculare degenerativa correlata generalmente ad una pressione dell’occhio troppo elevata, che comporta il progressivo restringimento del campo visivo, con la tipica sensazione di osservare il mondo attraverso un foro. Lo stesso restringimento del campo visivo che subisce lo spettatore nell’osservare le opere alterate dall’artista che, come nello stadio terminale della malattia, consente di vedere unicamente ciò che l’algoritmo e la censura tanto vorrebbero oscurare. Un’operazione di cancellazione capace di creare nuovi percorsi visivi e di rendere ulteriormente contemporanea arte di epoche lontane.
Cancellazioni molto simili a quelle compiute nella poetica di Isgrò, in cui il tessuto semantico del testo originario è modificato e radicalmente re-interpretato, facendo emergere significati estranei al testo di partenza. Una pratica simile, che non sfrutta testi e parole, ma immagini e figure.
I social, in cui predomina la dimensione visiva, sono malati, e questa ne è la testimonianza.