di Carlotta Thione
L’opera Ricordati di quegli anni e li fa schizzar via, è stata creata da Carol Rama utilizzando vinavil e smalto su tavola. Donata per sua volontà nel 1967 alla Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea di Torino, per ragioni conservative è oggi custodita all’interno di una cornice in vetro.
Carol Rama realizza il dipinto facendo letteralmente colare sulla tela la classica colla Vinavil e su di essa, con movimento rotatorio, incolla in maniera quasi ossessiva dei piccoli occhi di plastica, adoperati per abbellire il volto delle bambole. Il dipinto appartiene al ciclo di lavori denominati Bricolage, termine coniato dall’amico poeta Edoardo Sanguineti. Le tele di grandi dimensioni, ospitano su di esse, la fantasia creativa e visionaria di Carol Rama. Lo stesso poeta ribadisce più volte la vicinanza dell’artista all’oggetto desunto dalla propria realtà:
Ciò che aveva apparentemente o calcolatamente o realmente a portata di mano diventa materiale utile per la sua pittura. Penso agli occhi, alle gomme…1
Il termine “bricolage” rimanda al concetto chiave esplicato all’interno delle pagine Pensiero selvaggio di Claude Levi Strauss, pubblicato in italiano da Boringhieri, negli anni in cui Sanguineti intraprende il sodalizio con Rama:
La poesia del bricolage nasce anche e soprattutto dal fatto che questo parla non soltanto con le cose ma anche mediante le cose (…)2.
Tali elementi, sono inseriti in un crogiolo intenso e fastidioso, stemperato dal colore blu scuro, tendente al nero. Questa nervosa e ossessiva centralità concepita e interpretata dall’artista, crea una voragine irreparabile dinanzi al nostro sguardo. I bulbi oculari agglomerati al centro di questo movimento vorticoso scuro, evidenziano un’analogia con l’andamento concentrico del dripping3.
Questa vicinanza così forte e sentita con gli oggetti personali, è un aspetto interessante che coinvolge l’intero percorso artistico. La riflessione su cui pone l’attenzione Sanguineti, incentrata dunque sul dualismo oggetto – empatia, è la chiave di volta adottata da Rama all’interno della propria sperimentazione. I suoi lavori, di certo, non subiranno il peso della monotonia, ma, al contrario, saranno mutevoli nel tempo, in base al proprio temperamento emotivo. Un andamento concentrico, vorticoso e irresistibilmente travolgente, cattura l’artista in un intenso turbinio emotivo. La forte carica persistente è attraversata da una serie di piccoli occhi posti qua e là all’interno del vortice creato. L’angoscia che emerge rivela una sorta di fissità e ripetizione in cui l’artista è intrappolata. Ripete continuamente lo stesso movimento, facendo sgocciolare la colla trasparente sul fondo della tela. Carol Rama appare intrappolata all’interno del vortice materico creato e con costante angoscia, prova ad uscirne, cercando così, un allontanamento periferico. Il centro dunque, altro non è che un fremito inesauribile di materia densa e compatta, condensata al centro di un vortice infinito.
L’opera, a parer mio, risulta essere tra le più significative dell’artista. Ogni pennellata, ogni gesto, ogni oggetto posato sulla tela, appare intriso di valore. La centralità cosmica dell’opera è rivelata con astuzia dalla donna, Carol Rama, pittrice ed interprete del proprio inconscio.
Note
- L. Tozzato, C. Zambianchi, Edoardo Sanguineti Carol Rama, Franco Masoero, 2002, pp. 29 – 30.
- Ivi p. 31.
- P.G Castagnoli, R. Passoni e C. Pozzati in Viaggio in Italia, Corraini Editore, Mantova 1998, pp. 24 -25.