Dalla periferia al mondo e ritorno

Dopo il lavoro, tracce del Novecento e segni del futuro (61+61)

di Orietta Brombin


Nel 2022 sono trascorsi 61 anni dal celeberrimo 1961 e ciò che rimane oggi dell’Esposizione Internazionale del Lavoro, il cui ambizioso tema era Celebrazione per il centenario dell’Unità d’Italia, L’uomo (appunto, N.d.A.) al lavoro, è lo scheletro del Palazzo omonimo e altri sfortunati capolavori dell’architettura contemporanea. Il Palazzo di Pierluigi e Antonio Nervi, Gino Covre, con gli allestimenti di Giò Ponti, secondo la ricerca compiuta sul campo con il gruppo Stalker di Roma, può essere definito oggi il monumento alla “caduta del lavoro”, emblema dello stato del lavoro attuale, anche se bene comune essenziale esaltato all’Art. 1 della Carta Costituzionale italiana.

Promossa dall’establishment industriale e politico del dopoguerra, l’Esposizione Internazionale del Lavoro nasce su un territorio periferico della Città di Torino, nel quartiere Nizza/Lingotto/Millefonti/Filadelfia dove, in vista della costruzione del sito futuristico, nel novembre del 1956 l’Amministrazione comunale ha evacuato 165 nuclei familiari, più di 500 persone, occupanti delle abitazioni abusive sorte in corso Polonia (oggi corso Unità d’Italia). La baraccopoli, illegale e stigmatizzata dai giornali dell’epoca come un insieme di case di fortuna, assemblate con legname, mattoni e lamiere di recupero, ospitava persone provenienti dagli esodi di guerra: italiani espulsi e fuggiti dall’Istria, Libia e Grecia. Ma anche venuti dal Veneto, Sud Italia e dalle campagne depresse piemontesi, e tutti in cerca di lavoro, i migranti economici del dopoguerra: “Eravamo noi greci, veneti e siciliani, calabresi, i nuovi immigrati, questi della bassa Italia, [che sono arrivati a Torino] per lavoro, perché hanno aperto le porte alla Fiat e allora sono arrivati molti meridionali. Era il periodo che poi per i meridionali è stata molto più dura, perché non gli affittava nessuno niente. Lo sa, quel periodo lì…Eravamo in tanti. 1

Sulle macerie dello sgombero, che ha destinato gli abitanti precari di corso Polonia a Lucento, zona altrettanto periferica, furono edificate strutture avanguardistiche come il Palazzo a Vela (ora sfigurato dai volumi incongrui di Aulenti), la monorotaia e il Circarama Disney/FIAT, 1500 m² di costruzione circolare dove quasi due milioni di spettatori (posti al centro dell’edificio) assistettero alla proiezione di Italia 1961, film realizzato a 360° sulle bellezze paesaggistiche nostrane e il trionfo del lavoro italiano all’estero. Ciò che rimane oggi è un bel giardino pubblico su cui si affacciano i resti del Palazzo di Nervi.

Italia 61, Circarama in degrado, fotografia di Fondazione Antonio Gramsci, 1978

Queste e altre storie sono state ripercorse a giugno 2022 con il gruppo condotto da Stalker (Giulia Fiocca e Lorenzo Romito) nella deriva urbana percorsa a piedi dal PAV Parco Arte Vivente all’estrema periferia sud di Torino. Infatti, “Pratica fondante di Stalker è […] il camminare, o meglio, il camminare attraverso. La costruzione di linee di esperienza collettiva, percorsi di continuità spazio temporale attraverso i vuoti, i margini e i confini che separano le isole, gli arcipelaghi, i continenti dell’urbanizzazione diffusa, alla deriva 2 . Con gli artisti, dopo l’incontro al museo, abbiamo vagato allora alla ricerca di segni significativi, domandandoci: Cosa si intendeva nel 1961 e, soprattutto, cosa si intende oggi, con lavoro? E, ancora: Questo tema capitale si associa alla pratica strettamente legata a una forma equilibrata di esistenza che prevedeva l’abitare i luoghi in funzione del sostentamento, ma anche dello svago, dunque, cosa si intende oggi con dopolavoro? La ricerca continua oggi, dove artisti e il gruppo di studenti e cittadini partecipanti, con la curiosità di “semionauti” 3, navigatori nel paesaggio globale dei segni, continuano a osservare lo spazio urbano per rintracciare le storie dei suoi abitanti: passati e presenti. Lo Stalker di Andrej Tarkovskij, film memorabile del 1979, è una guida antagonista e abusiva che accompagna, non senza pericolo, le persone dentro i confini di una “zona” apparentemente contaminata a cui è proibito accedere. Ma la zona ha anche una nomea popolare che la rende mistica e altrettanto misteriosa, ossia, sembra che al suo interno si trovi un luogo segreto dove ogni conoscenza e desiderio vengono concessi.

Così gli Stalker romani risignificano i luoghi urbani e naturali esplorati: “Il camminare attraverso si fa così danza, celebrazione, augurio che la vita lì torni ad aver luogo. Luoghi che, se detto a bassa voce, affinché la retorica non senta e non si re insedi in essi, possono diventare teatri e tele, in cui il camminare diviene forma d’arte.”4 Cercando di seguire il filo rosso dal lavoro al non lavoro, i quartieri che si inanellano lungo il percorso svelano ecosistemi urbani che emergono nelle zone indecise, non ancora destinate ad alcun uso e, proprio per questo, libere di esprimere la forza vitale della natura. Il gruppo di esploratori, camminando, rivede la città, i luoghi simbolo del territorio e le sue toponomastiche: Giordano Bruno, borgo Filadelfia, il piazzale dell’ex Dogana ricco di vegetazione spontanea, gli ex Mercati ortofrutticoli, l’ex Villaggio Olimpico e la ex Scuola dei migranti, le case ATC, il Paso, giù, giù, fino a ciò che rimane del Palazzo del Lavoro e dell’ex Mercato rionale di piazza Bengasi. Ognuno dei luoghi periferici nasconde segni e segreti nascosti nella premessa “ex” (fuori di, non più, già). Ogni figura incontrata può essere riconosciuta e, attraverso la sua storia, ricostruire l’identità perduta dei luoghi comuni. Il percorso prende via via i connotati di una complessa Circostanza5, ovvero la capacità di connettersi con il reale e l’immaginario in un moto sincronico, mettendo al centro le storie di una Periferia che apprende il Mondo.

Palazzo del lavoro oggi, Workshop con Stalker, cortesi PAV, 2022

1 Istituto piemontese per la storia della Resistenza e della società contemporanea ‘Giorgio Agosti’, Intervista a Luigi P., Cavaliere del lavoro, profugo italiano di Patrasso (Grecia), dal 1951 per un anno e mezzo abitante delle baracche di corso Polonia a Torino.

2 Lorenzo Romito (2014) Walking Out of Contemporary, in Mitrasinovic M. (Ed.) Concurrent Urbanities: Designing infrastructures of Inclusion, Routledge, 2015. 

 3 Nicolas Bourriaud, Postproduction. Come l’arte riprogramma il mondo, Postmedia books, Milano 2004, p. 14.

 4 Lorenzo Romito, Ivi.

5La Circostanza è il dispiegamento dei tempi e degli spazi a cui un luogo appartiene, è un dispositivo di coinvolgimento pubblico e creativo, teso a mantenere operante il carattere di disadattamento ai luoghi attraversati che diviene posizione da cui agire/pensare il possibile generato dal riemergere, e dal tessere in narrazioni nuove, le memorie perdute.” Stalker, presentazione della “Circostanza Pasolini”, Museo delle Periferie, Roma 2023.

Immagine in evidenza: Baracche di Italia ’61, Torino 1955, Archivio storico Città di Torino

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