Ghetti e periferie, un lato di Torino che non vogliamo vedere

di Elena Sillitti

Insieme a un gruppo di studenti della Scuola di Didattica dell’Arte dell’Albertina, ho partecipato ad un laboratorio condotto dal gruppo Stalker1 presso il PAV (Parco Arte Vivente)2, dove abbiamo avuto modo di approfondire realtà di Torino che fanno parte della città ma che spesso ci sforziamo di non vedere. 

Luoghi come il MOI, vecchio mercato agroalimentare, o le palazzine dell’ex Villaggio Olimpico che, durante tale evento del 2006 hanno ospitato gli atleti, e che a fine del suddetto, nel corso degli anni, sono andate incontro ad abbandono da parte della popolazione e delle istituzioni. Quest’area è diventata zona di spaccio ed emarginata a tal punto da essere diventata un vero e proprio ghetto moderno. 

Parlando di disinteresse e di abbandono da parte dell’uomo di zone che fanno parte della propria città, vorrei citare una frase tratta dal libro L’uomo antiquato di Günther Anders: “L’umanità che tratta il mondo come un mondo da buttar via, tratta anche sé stessa come un’umanità da buttar via”.

La storia è stata una dura maestra, ma non ha insegnato nulla. Infatti, il passato e il presente sono costellati da ghettizzazioni: da Praga a Venezia, al famoso Distretto Sei di Città del Capo, fino al ricordo indelebile di Varsavia durante la Seconda Guerra Mondiale e altri luoghi che la società non vuole ricordare. Le dinamiche sono sempre le stesse: disuguaglianze socio-economiche, discriminazione e marginalizzazione. Coloro che vivono questi ghetti hanno per compagne la povertà, la disoccupazione, la criminalità, la mancanza di accesso ai servizi sanitari e all’istruzione e la segregazione sociale. 

Tornando a Torino, all’occupazione delle palazzine olimpiche da migranti in transito, queste non devono essere viste solo con un’accezione negativa, ma come una possibilità di crescita che ha permesso ai singoli di riconquistare pari dignità e diritti. Non sapremo mai realmente cosa si celava al di là dell’ingresso dell’ex villaggio olimpico. La nostra è solo una conoscenza superficiale del clima di tensione interno alla vita nel quartiere. 

Molti giornalisti si sono interessati all’argomento; uno di questi è Gioele Urso. 

L’autore, nel libro Gli sguardi del Moi, sottolinea come siamo abituati a guardare solo quello che ci è più comodo, senza andare troppo a fondo nella questione. 

“Noi abbiamo guardato alle palazzine occupate dell’ex villaggio olimpico fino alla porta d’ingresso, ma raramente abbiamo voluto varcare quella soglia. Per superare i nostri pregiudizi dobbiamo sforzarci di conoscere le persone oltre i muri di confine.”3

Quanto accaduto nelle palazzine dell’ex MOI dal 2013 al 2019, è culminato con uno “sgombero dolce” per ordine della giunta. Uno sfratto con conseguente riqualifica attraverso fondazioni bancarie e, successivamente, destinato l’affidamento della zona a Campus per la costruzione di unità abitative per studenti e lavoratori. Dove prima regnava sovrano il degrado, a breve sorgerà una pista ciclabile. Chissà se tale rivalutazione sarà abbastanza efficace per una crescita del rispetto, della diversità culturale e di una possibile integrazione sociale.

A partire da questa situazione di disagio e degrado sono stati prodotti tre documentari. Testimonianze, racconti di persone che, all’interno delle palazzine, non solo hanno subito abusi e giochi di potere, ma che si sono ritrovate a lasciare tutto per essere trasferite in condizioni a volte peggiori. È qui che sta il punto. Questa carenza di volontà nel creare qualcosa di condiviso non porterà mai ad una crescita o una riqualifica di una zona, di una città o delle persone. Si parla di mondo inclusivo e multiculturale, ma solo con chi vogliamo noi.

 1 Laboratorio d’Arte Urbana STALKER – fondato da Lorenzo Romito e Francesco Careri – è un soggetto collettivo, composto da artisti ed architetti, che compie ricerche e azioni sul territorio. Il collettivo è attivo a Roma dal 1995.

2 PAV (Parco Arte Vivente), centro sperimentale d’arte contemporanea, fondato sul progetto di Piero Gilardi nel 2002, in seguito realizzato nel 2008 dagli architetti Gianluca Comacini e Alessandro Fassi.

3 Gioele Urso, “Calma e Karma, Torino Rosso sangue”, https://www.torinotoday.it/eventi/gli-sguardi-sul-moi-fotografie-libro-gioele-urso-fotografia-km0.html, consultato il 18/04/2023.

Immagine in evidenza: Complesso dell’ex Moi, Wild Energies, courtesy PAV, 2015

Articoli consigliati

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *