di Maria Sara Cirifino
“Quando abitiamo un luogo siamo consapevoli del fatto che ci sono dei padroni nel territorio, che però non siamo noi. Noi siamo gli affittuari” – Gino V. Praticante Dzoghchen
Durante l’estate del 2021 mi trovavo ad Arcidosso per lavorare alla tesi, una ricerca sul campo, che segnava la conclusione della mia laurea magistrale in Scienze Antropologiche ed Etnologiche. Avevo scelto di studiare alcuni aspetti dello Dzogchen, corrente del Buddhismo Tibetano e della sua Comunità che dal 1981 ha in Italia, più precisamente ad Arcidosso, una sua sede, Merigar West, alle pendici del Monte Amiata.
Nello studio che via via portavo avanti, ciò che più mi affascinava era la consapevolezza e il rispetto che il praticante buddhista ha dell’ambiente in cui vive e, ancora di più, del rapporto che instaura non solo con lo spazio, ma anche con tutti i suoi abitanti, esseri umani, esseri non-umani, entità divine, spiritiche, animalesche, visibili e non visibili. Alcuni, secondo l’Insegnamento, i veri Signori del territorio.
Centro della Comunità Dzoghchen a Merigar West è il Gönpa, il Tempio della Grande Contemplazione. Il termine tibetano Gönpa indica un luogo ritirato, silenzioso, un luogo antico, sacro, carico di simbolismi. Solitamente circondato da un monastero o da un accampamento, può ergersi in luoghi sperduti e periferici. Il Gönpa riesce ad essere nella sua essenza, allo stesso tempo, centro e periferia.
Per comprendere la funzione centrale del Tempio per la Comunità Dzogchen e il particolare rapporto con il territorio e i suoi abitanti è stata fondamentale la lettura antropologica di alcuni concetti fondamentali, come spazio, ambiente e centro rituale.
Nell’opera Centri, ritualità, potere. Significati antropologici dello spazio (1989) Ugo Fabietti, Francesco Remotti e Pietro Scarduelli, gli autori, si interrogano sul significato che i concetti di spazio, centro e periferia assumono all’interno di diverse società, focalizzandosi – tra le diverse tipologie di centro – sul centro rituale, con il supporto di diversi casi etnografici. Secondo tali studi il centro di una società o di un gruppo può essere un punto del territorio definito da un elemento naturale o riposizionato dagli umani nell’ambiente, o ancora una struttura architettonica semplice o complessa.
Senza intrappolare il concetto di spazio in definizioni rigide, gli studi etnografici aiutano a comprendere l’importanza dei centri rituali anche per la loro funzione di aggregazione e di “ancoraggio” al territorio.
Nel Gönpa, ad esempio, si svolgono le pratiche spirituali legate al rito e le attività sociali, ma anche corsi, conferenze e seminari. In tale luogo, costruito ed utilizzato dagli esseri umani, non si avverte la separazione tra il centro della Comunità e i suoi luoghi più periferici; come non si avverte la distinzione tra le diverse tipologie di abitanti del territorio, dal momento che per le sue funzioni e per le modalità con cui è stato realizzato, si pone in una condizione di rispetto e di dialogo con l’ambiente circostante e con le entità extra-umane che lo abitano.
In accordo ai criteri del Sache, la geomanzia tibetana, il Tempio, decorato secondo gli stili tradizionali dell’arte tibetana, è di base ottagonale ed è costruito in legno, vetro e rame, materiali naturali che si integrano in modo armonioso nel territorio. L’utilizzo del vetro consente di mantenere una continuità tra l’esterno e l’interno del Gönpa, tra il centro e la sua periferia, permettendo il coinvolgimento ed evitando qualsiasi separazione. Alcuni mantra iscritti sui portali hanno la funzione di purificare gli esseri che entrano nel Tempio.
Un mantra, in particolare, attenua le distinzioni e le separazioni legate alle provenienze, alle identità, alle categorie:
“Grazie a queste sillabe, tutti coloro che vedono questo sacro luogo supremo, siano essi umani o non umani, e persino uccelli e uccellini, ottengono il seme della liberazione totale dall’esistenza condizionata, garantendosi una buona connessione [con l’insegnamento] e la prospettiva della fine del samsāra”.
Durante una delle cerimonie buddhiste, la Gana Pūjā svoltasi all’interno del Gönpa, ho potuto osservare con particolare evidenza, la volontà di unione dell’esterno con l’interno, del centro con la periferia, fra le diverse entità umane e non umane.
Per i praticanti le offerte di cibo e bevande erano disposte all’interno del Gönpa esattamente come erano poste all’esterno, si potrebbe dire fuori dal centro rituale.
Immagine in evidenza: Interno del Gönpa, luglio 2021. Fotografia di Maria Sara Cirifino.