di Tatiana Ragusa
Ti capita mai di notare che ti comporti in maniera diversa a seconda del tuo interlocutore o della situazione in cui ti trovi? Perché? Come mai inconsapevolmente ci modelliamo e non sempre siamo noi stessi con gli altri? Eppure si tratta sempre di noi, le stesse persone, con il carattere proprio, le nostre idee, pensieri e principi. Sembra essere un fenomeno automatico, un meccanismo arcaico, siamo tutti in un certo senso, camaleonti sociali. Mostrarci per come siamo, in totale trasparenza non è sempre facile. Certe volte abbiamo paura di ciò che stiamo per dire, di attirare l’attenzione, di non essere ciò che gli altri si aspettano da noi o di non essere accettati dalle persone. Altre volte invece non vogliamo far trasparire il nostro stato d’animo, o non vogliamo mostrare le nostre debolezze.
Gli psicologi socio-cognitivi suggeriscono che il modo in cui ci comportiamo sia influenzato sia dalla nostra personalità che dalla situazione in cui ci troviamo. Quando parliamo con persone diverse a prescindere dal contesto, scegliamo ad esempio le parole, variamo il tono e il calore della voce a seconda della persona con cui stiamo parlando. Una possibile spiegazione è che modifichiamo la nostra personalità e i nostri modi per avvicinare le persone con cui stiamo interagendo, per segnalare loro vicinanza o affinità. Un’altra possibilità è che facciamo questo per capire cosa pensano gli altri di noi.
Secondo la Teoria degli Io la nostra personalità è composta da Io diversi che, in base alle circostanze, prendono l’iniziativa per garantire la nostra sopravvivenza e renderci meno vulnerabili. Vediamone alcuni: L’Io controllore è uno degli Io più importanti, è una specie di protettore che cerca costantemente i pericoli e determina come ci può proteggere da questi. Incorpora le regole genitoriali e sociali, controlla il nostro comportamento e determina se piacerà alla maggior parte delle persone. L’Io stimolatore, ci motiva per raggiungere il successo, potrebbe permettere che si formi un Io perfezionista. Gli Io rinnegati, sono formati da comportamenti che sono stati puniti ogni volta che sono emersi e quindi nascosti nel nostro inconscio.
Passiamo ora al linguaggio o comunicazione non verbale, tramite essa ci scambiamo informazioni, messaggi e segnali andando oltre il linguaggio semantico. Questo tipo di comunicazione è considerato universale perché ogni individuo comunica con l’espressione facciale e i movimenti del corpo, non sempre però è comprensibile da tutte le culture. Questo tipo di comunicazione offre quindi delle informazioni aggiuntive alla semplice comunicazione verbale. Può indicarci lo stato d’animo dell’interlocutore, può enfatizzare le parole dette o, al contrario, può contraddirle. Con la prossemica si intendono tutti i messaggi che il corpo invia con l’occupazione dello spazio, tenendo conto della distanza che il soggetto tiene col suo interlocutore. Lo spazio si suddivide in zona intima (da 0 a 45 cm), zona personale (da 45 a 1.2m), zona sociale (da 1.2 a 3.6m) e zona pubblica (oltre i 3 m). Tramite lo spazio tra i due interlocutori si capisce il tipo di rapporto che hanno o il tipo di rapporto che vogliono instaurare. Seguendo le nostre sensazioni gestiamo il nostro spazio. A seconda del tono della voce, la velocità, il timbro e il volume la comunicazione assume un significato invece di un altro, a prescindere dall’effettivo contenuto verbale. È il linguaggio paraverbale che fa riferimento al modo in cui qualcosa viene detto. La mimica facciale invece riguarda il modo in cui si altera il volto delle persone. Gli esseri umani lasciano trasparire anche in questo modo il loro pensiero e le loro emozioni, in quanto la mimica facciale è difficile da controllare per via della sua spontaneità.
Dopo aver esplorato i diversi meccanismi e modalità che adottiamo per comunicare in modo non verbale abbiamo compreso che modifichiamo la nostra personalità e i nostri modi per avvicinarci agli altri, per tutelarci o perché vogliamo capire cosa pensano gli altri di noi. Tutto ciò sottolinea la nostra natura complessa e ancora non del tutto scoperta. Come diceva Carl Gustav Jung: “In realtà sarebbe un arduo compito conciliare l’immagine che io ho di me stesso, con quella che altri si fanno di me. Chi ha ragione? E chi è l’individuo reale?”
Bibliografia:
Daniel Schacter, Daniel Gilbert, Matthew Nock, Daniel Wegner, “Psicologia generale”, seconda edizione italiana condotta sulla quarta edizione americana a cura di Laura Piccardi, Bologna, Zanichelli, 2018.
Immagine in evidenza: Tatiana Ragusa, Psicologia e complessità dell’essere
umano, immagine creata con l’intelligenza artificiale.
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