il poema del sonno

di Mariella De Santis

Nella mia camera buia ascolto
ogni secondo d’argento tintinnare,
un suono lontano di pompa pulsare.

Immagino in alto e in basso i letti
dei vicini, i loro volti
dalle tenebre avvolti.
Li seguo col passare delle ore
sino al primo trillo di sveglia.

Il bagno, la cucina, la nebbia sul balcone
la città bocca vorace attende di succhiare
i residui gesti lenti del mattino.

Incontro nelle ante dell’armadio
la mia immagine allo specchio
dal grigio intorno agli occhi
dalla ruga alla radice del naso
e dalle labbra esangui mi accorgo
che anche stanotte ho vegliato.

Forse.

O invece ho sognato di simili
immaginati da una donna insonne
e recito Quando tu dormi io non so se m’ami1
al cuscino gonfio accanto al mio.

Rigiro la casa da destra a sinistra
avanti, indietro chiedo e non risponde
come non fossi io la sua padrona
ma solo un’ospite incerta
sempre prossima al saluto.
E’ lei, è lei che ruba il mio sonno
lo respira, se ne nutre
e mi guarda vegliare.
Io continuavo ad essere insonne
mentre le notti di luna fredda,
avvolgevano di silenzio le ginestre del giardin
o.2
Eppure da una lunga tenebra
inizia il nostro viaggio,
un’umida sosta lacerata da grida,
segno per un mare d’acque feci e sangue
che s’apre e noi in breve
trattenuta caduta
liberi tra abili mani,
con un sano pianto a salutare il mondo.
Noi siamo infinitamente persi tra l’urlo della nascita e la sua ripetizione ultima.3
Ci saremo noi a salutare
l’estremo grido?
E dove siamo quando
la piccola tenebra del sonno
ci cinge senza arti e vince?

Veglio per capire ma se sono in veglia
non conosco il sonno e se la coltre
di piombo liquido m’avvolge
non sono presente a quell’altra vita.
Jesce sole, jesce sole nun m’ fa cchiù disperà.4

Alfa, teta, complessi kappa
poi terzo e quarto stadio
infine sonno paradosso.
Ondulazioni armoniose
nelle zone occipitali
immagini complesse
occhi in movimenti
lenti e poi rapidi.
Cuore polso e respiro
quasi inascoltabili,
così in stato assai simile alla morte
si arriva immersi in confusione.
Erezioni incontrollate,
campi elettrici, flussi chimici
questo sa del sonno la scienza.

In tanto tumulto si fa largo il sogno.
Noi siamo fatti della stessa materia dei sogni5
e il sonno conclude la nostra breve esistenza.
Alti picchi di noradrenalina e dopamina
nessun segno, nessun rumore
è la morte che nel corpo si muove
abbranca la vita alla gola
dando inizio alla lotta
o forse a un amplesso,
alterna vicenda
tra dolcezza e violenza
conclusa dal sogno.
Così noi siamo solo
spiaggia, landa desolata
terreno di confine
o ombre vaganti
in campo d’oppio.
Senza alcun potere
su corpo, mente
o quello spasmo d’apnea
che qualcuno chiama anima.

A ritroso raggiungo
prima della storia il mito:
sulla sponda di levante del mediterraneo
viveva nel vestibolo degli inferi
una famiglia scura.
Dolore, Lutto e Sonno con sua sorella Morte,
da orgia incestuale nacque la tragedia.
Nel fianco d’occidente invece
figlio della Notte, fratello di Speranza
era Sonno riposo degli esseri, il più dolce6
degli dei, pace dell’anima, parente di Poesia.

E così accade che chi dorme
non pecca, non piglia pesci ma pesca….
ma pesca sogni spesso voluttuosi.

Non è più tempo – mi hai detto-
di andare, tornare.
C’è bisogno che almeno uno di noi
resti fintamente fermo, zitto
a guardia delle troppe parole.
Questo fu il sogno,
uguale te lo racconto.
Continuasti: il sonno della ragione genera mostri7
e vidi i grandi molli seni di Lenòr8
confusi con la spiaggia della Chiaia
a nutrire con gocce povere il sogno
di una rivoluzione mancata.
Io mi svegliai e piansi.

Meraviglie, miracoli o previste
funzioni fisiologiche accadono
a volte liberate altre controllate
da Tavor, Darkene, Roipnol.

Allora l’Eterno Iddio fece cadere un profondo sonno sull’uomo. 9
Al risveglio gli fu accanto Eva,
da costola a persona
la prima clonazione.
Il sonno di Adamo
fu solo anestesia?
O artificio atto a nascondere
un terribile segreto?
Quello, poniamo
della maternità di Dio?
Un dio che spalanca le cosce
contrae i muscoli della pancia
dei glutei, spinge e genera.
Un dio che dopo il parto
sfinito riposa e scivola nel sonno.
Se Dio c’è.
E se c’è, essendo eterno
lunghe eterne ore dura il suo sonno.
Così gli uomini inventarono
un disegno di moltitudine,
il canto in coro, la risata,
l’applauso per scuoterlo alla vita.
Ma lui dorme e sogna
un creatore onnipotente
che dà fiato al suono,
luce agli occhi,
materia ai corpi.
Dalle mani gli sfuggono
guerra dolore e fame.
Tardi se ne avvede
e per riparo al torto
dona la tregua del sonno.

Vorrei poter credere
a un dio dormiente
vigile come una madre,
poter sperare nel suo risveglio
al grido del figlio Padre, Padre perché mi hai abbandonato?10
Dopo quel grido anche per lui
un sonno di tre giorni e noi
Gesù dorme, cosa posso sperare? 11
Coscienza delle tenebre è lo sbadiglio,
di resurrezione temporanea ogni risveglio.

San Nicola che vai per mare12
questo bambino non vuol fare la nanna
e ninna nanna e ninna oh
questo figlio a chi lo do?
Ninna nanna, ninna oh
il lupo s’è mangiato la pecorella
.
Insensatezza di nenie
per sopire neonati
spesso odiati
per l’imperterrito urlare
che terrorizza, paralizza.
Da dove tutto quel fiato,
quella smorfia d’orrore
su visi che vogliamo
specchi d’innocenza?
Ma l’innocenza è a malapena
una isola di amnesia13,
nel corpo noi portiamo
i segni di millenni
assai pesanti.

Solo le parole salvano il tempo dall’oblìo14
e permettono alla fine di risvegliarsi un poco.

Come il sogno dei gatti
– mi dicono –
è quello dei neonati.
Cosa darei per conoscere
quello del dinosauro
o del sapiens mio antenato.
Ci accompagna dalle origini
una spasmodica fame di sapere
appagata da estroverso immaginare.
Si produsse il segno, poi la parola
col racconto tutto si affolla
sogno, mito, archetipo, ragione.
Sopra il sonno, sotto la veglia
la scrittura spartisce
origini, confini, dimore.

Se è regola sociale
il tempo del dormire
nessuno di noi in esso
è eguale.
Gli odori, le posture
visi beati o smorfie
gemiti, sospetti a fior di labbra
verità che evade.
Ah, come potrei lamentarmi,15
Come, cuore mio, vederti tanto greve,
Se il sole perfino deve disperare,
Se persino il sole deve tramontare?

Al risveglio tutto pare
simile al giorno innanzi
mentre vive silente in noi
un boato d’anarchia.

Fotografie di Mariella De Santis.

Note:

  1. Jacques Prévert, Quando tu dormi.
  2. Mariella De Santis, Novembre.
  3. Soeren Kierkegaard, Diari.
  4. Nuova Compagnia di Canto Popolare, Jesce sole.
  5. William Shakespeare, La tempesta
  6. Ovidio, Metamorfosi.
  7. Francisco Goya, Scritti.
  8. Eleonora de Fonseca Pimentel.
  9. Libro della Genesi.
  10. Vangelo secondo Matteo.
  11. Johann Sebastian Bach, Cantata nr. 81.
  12. Tradizionale Ninna nanna barese.
  13. Saul Steinberg, Lettere a Aldo Buzzi.
  14. Claire Goll, Inseguire il vento.
  15. Richard Wagner, Schmerzen.

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