un racconto onirico sulla libertà di espressione
Testo e Immagini di Andrea Granchi
L’Idea era apparsa di punto in bianco, senza alcun preavviso occupando tutto lo spazio fino a quel momento rimasto vuoto, davanti al nutrito gruppo di artisti, giovani e meno giovani che girovagavano qua e là sul boccascena. Era veramente una bell’Idea, agile ed elegante al punto giusto, senza ridondanza, aveva in sé il fascino emanato dalle cose nuove e da quelle appena vissute, quella indescrivibile forza e freschezza che anima il senso della novità e quello più severo della memoria. Nelle sue sembianze eclettiche trasparivano le infinite peripezie della storia dell’arte di cui essa deteneva astutamente i frammenti migliori, ostentandoli come gioielli, senza pudore, e trasudando un desiderio voluttuoso di essere posseduta. Dopo un primo momento di smarrimento, il più veloce di tutti, un giovane artista settentrionale noto per i suoi colpi di mano si lanciò tentando di afferrarla, ma uno degli artisti più anziani, forte della sua consumata esperienza, appostato proprio nel punto giusto, allungò una gamba e fece uno sgambetto al giovane aitante, il quale sullo slancio perse l’equilibrio e, scomposto, cadde a terra con espressione smarrita e proteso in avanti, fratturandosi il braccio. Fu il segnale della bagarre. Come mossi da una improvvisa frenesia tutti si avventarono contro tutti, ingaggiando una mischia furibonda senza esclusione di colpi. I più teneri furono immediatamente abbattuti e massacrati senza pietà, un romantico ebbe tutte le ossa fracassate prima del colpo di grazia infertogli da un concettuale, distintosi nella rissa per il particolare cinismo. Alcuni visionari, dotati di una certa abilità di manovra, e buoni incassatori, riuscirono a schivare parecchi colpi inferti loro dai multimediali armati di pesanti telecamere usate come mazze, prima di cadere proprio ai piedi dell’Idea, che se ne stava a guardare divertita tutto questo fracasso causato dalla sua presenza. Alla fine, dopo un pesante duello all’ultimo sangue tra scultori e architetti che per i colpi menati all’impazzata con l’uso forsennato di enormi bronzi e progetti faraonici provocò anche il crollo del boccascena, tutt’intorno si fece silenzio. I gruppi, i cani sciolti, i giovani, i vecchi, i ribelli, i tradizionalisti, tutti giacevano inanimati e a brandelli gli uni sugli altri, immobili e irriconoscibili. Quando le nuvole di polvere si diradarono, l’Idea riemerse a poco a poco stagliandosi nello scenario desolato e ormai silenzioso. Guardandosi intorno si accorse però che qualcosa si muoveva sotto le macerie: era l’unico superstite, piccolo, apparentemente fragile, una figura anonima che sembrava non avere età. Gli si avvicinò con tenerezza pronta a consegnargli tutta sé stessa, e del resto ormai non c’era più nessuno. “Se lo desideri verrò con te – disse premurosamente – ho bisogno di qualcuno che si prenda cura di me, vuoi?”…“Ma io non sono un artista” disse la piccola figura, che vista da vicino ricordava vagamente la sagoma di un attore americano degli anni Quaranta, e poi aggiunse sollevando leggermente il cappello: “Sono questo secolo, il Novecento, e ho solo pochi giorni di vita… Non puoi metterti con me… non sarebbe un buon affare… Ti conviene aspettare… magari col Giubileo… qualcuno si farà avanti e si accompagnerà con te e ti porterà dappertutto, vedrai. Ora lasciami andare, ho molto da fare e poi devo rimettere un po’ d’ordine in questo disastro di fine secolo…”. Detto questo, camminando a zig-zag tra le rovine della battaglia appena conclusa, scomparve all’orizzonte. L’idea, malinconicamente, si ergeva ancora maestosa sul campo, ma evidentemente il destino, con crudeltà e saggezza, aveva deciso anche stavolta che ella dovesse rimanere sola, a vagare chissà ancora per quanto tempo, senza fermarsi mai.