di Johannes Pfeiffer
Il libro aperto è voce, il libro chiuso è silenzio, ma anche la pagina bianca è silenzio. Il libro bruciato, annegato, distrutto, è urlo. Il libro sepolto è ridotto a un silenzio che torna voce per chi lo disseppellisce. Nell’epoca di internet il libro diventa reperto archeologico, perciò dev’essere conservato in teche. Le teche proteggono i testi e li conservano in una specie di stato di transizione perenne e senza tempo, a cavallo tra l’oblio e la rinascita. Nel mondo virtuale la parola diventa immateriale, la lettura è veloce e distratta, non ha tempo di sfogliare il libro e scorrere lentamente sulla pagina, lo sguardo non si sofferma e non si deposita, scivola via. Il libro appartiene ancora al mondo della materia, della terra, il libro è terrestre, internet è extraterrestre. Il libro è millenario, assorbe e porta voci antiche come un vento fermo, nel momento in cui è abbandonato sceglie il silenzio assoluto dell’inabissamento, ma è come se la sua voce si trasformasse in colore: le parole scritte nel libro diventano pigmento emotivo. Lo schermo ipnotizza, il libro incanta. Viene dagli alberi che nascono dalla terra, quando invecchia ingiallisce e si sbriciola, per dissolversi nuovamente nella terra. Ed è la terra che continua a leggerlo.
Johannes Pfeiffer, Paroles en couleurs,
della serie Il sapere ritrovato.
Libri con pigmenti naturali, in teche di plexiglass, 2017.