di Viola Barovero
Artemide, gemella di Apollo, dea tutelare della foresta e degli animali selvatici, con le sue metamorfosi incarna il mistero imponderabile della natura e personifica la garanzia dell’equilibrio tra gli umani e il cosmo naturale, oggi compromesso. La sua azione – come già quella della dea celtica Arduina e delle sue omologhe, l’etrusca Artume e la romana Diana – è volta tanto a difendere la foresta e i suoi abitanti quanto a punire e castigare chi osasse profanarla e violarne le leggi. I suoi simboli sacri sono il cervo, il cinghiale e le orecchie, con le quali esercita un’attività di ascolto e di ricezione, capace di cogliere e udire ciò che la foresta sussurra o urla, i feedback che la natura ci consegna attraverso la polifonia intonata dai suoi elementi e dai suoi molteplici organismi. La riscoperta di quel mitico e arcaico sentire, comune a ogni essere vivente, e il recupero di quella capacità di ascolto e di cura della natura, costituirebbero forse un utile strumento per fronteggiare l’attuale catastrofe ecologica.
«L’antichissima idea della Natura, visibile e invisibile, ha attraversato il mondo mediterraneo, con la figura divina di Iside, fonte di riverente stupore per il suo aspetto idilliaco foriero di fecondità e fertilità. È principio della luce e della vita. […] Apre una narrazione eterna, mitica – con i suoi diversi racconti […] –, portatrice di un messaggio rivolto al ritorno alla terra, alla sua cura e conservazione: al rientro nella Natura»
Massimo Venturi Ferriolo, Oltre il giardino. Filosofia del paesaggio,
Einaudi, Torino 2019.
Immagine in evidenza: Viola Barovero, Noli me tangere, 2022, Acrilico su tela.