Giacomo Verde (Cimitile (Napoli) 1956-2020) videoartista che amava autodefinirsi “artivista” perché nella sua ricerca ha sempre coniugato l’attivismo con l’arte, convinto che la creatività fosse un patrimonio collettivo di cui l’artista si può fare catalizzatore e “sobillatore” senza ingabbiarsi nelle rigide regole del mercato dell’arte. Per questo, a partire dagli anni Novanta, si è dedicato con impegno crescente anche alla didattica nelle Accademie, coinvolgendo gli studenti e le nuove generazioni in progetti di arte partecipata, solidale e socialmente impegnata. Instancabile sperimentatore delle nuove tecnologie, dal video alle installazioni interattive, dal teatro multimediale alla performance virtuale, alla net art e hacker art, privilegiava l’uso di una tecnologia povera, alla portata di tutti, adattata e reinventata in relazione alle esigenze espressive. Memorabili i suoi workshop con i bambini, a cui insegnava come rompere simbolicamente e praticamente gli schermi dei televisori e dei monitor (vedi le foto della performance A mettere mano), un atto liberatorio ed emancipatorio che anticipava profeticamente la schiavitù degli schermi che oggi con la pandemia è giunta al suo apice. La sua poetica si fondava sulla libertà di pensiero e di azione, sulla denuncia delle ipocrisie e delle menzogne dei poteri forti, sull’incrocio costante dei linguaggi: pittura, disegno, video, teatro, musica, in un contesto di riflessione etica e politica che metteva al servizio di un’arte del cambiamento.
Andrea Balzola
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