di Lucia Cammarata
Come – ormai con scarsa frequenza – accade, quel mattino mi trovavo in fila alle Poste.
Un avviso di giacenza in mano e qualche ora di lentezza.
La possibilità di svolgere centinaia di operazioni, su dispositivi vari, tramite apposite applicazioni o connessione a internet, comodamente seduti a casa? Non era il mio caso. Quell’avviso cartaceo mi costringeva a recarmi all’ufficio più vicino.
E sia.
La giornata non è delle migliori, decido di aspettare dentro: mi siedo.
Due sedie a sinistra c’è Rita (nome di fantasia, forse). Fa una battuta, chiede l’ora, cerca risposte sulla pratica che si appresta a risolvere nel totale disinteresse del resto dei partecipanti al gioco “Fuori in sessanta minuti(spero)”, perché tutto sta nelle tempistiche; vince chi viene chiamato dalla sportellista più veloce.
Io, che di tempo quel giorno ne avevo una piccola scorta, mi ritiro dalla competizione rivolgendo le mie attenzioni al piccolo ed esclusivo salotto che Rita ha allestito nel suo centro.
Parla inglese e italiano, chiacchiera tanto, è vivace e mi racconta della sua impazienza e delle sue origini. Pura casualità – ancora una: “Conosco frammenti di una storia recente sul tuo Paese” – le dico, una storia di cui non sentiremo parlare molto.
Qui, per narrarla, prenderò in prestito alcuni dati trovati in Rete.
Rita proviene da quello che si ritiene essere il Paese più giovane del mondo: la Nigeria.
L’età media in Nigeria è bassissima (17 anni) e il 70% della popolazione ha circa 30 anni ma, a causa della povertà, della disoccupazione, dei conflitti territoriali, dei rapimenti e della violenta repressione da parte della polizia – nel 2020 si diffuse il movimento END SARS contro i gravi e frequenti abusi della Special Anti-Robbery Squad, reparto della polizia nigeriana – molti giovani ricercano un destino più clemente altrove. Dalle zone rurali alle, già affollate, grandi città come Lagos con i suoi ventuno milioni di abitanti, fino a emigrare in UK, USA e Canada.
Questo febbraio si sono tenute le elezioni presidenziali e hanno riportato caratteristiche diverse rispetto agli ultimi decenni.
La consuetudine voleva che la competizione si svolgesse tra due candidati purché appartenenti ad uno dei due partiti politici principali (APC – All Progressives Congress e PDP – Peoples Democratic Party) e rappresentanti uno il credo musulmano e l’altro quello cristiano, essendo il Paese fortemente diviso, anche geograficamente, tra queste due fedi.
Quest’anno i candidati dei due partiti principali sono entrambi musulmani, di 71 e 76 anni, Bola Tinubu per l’APC e Atiku Abubakar per il PDP, volti già abbastanza noti nella politica nigeriana.
Nuova è la presenza di un terzo candidato, Peter Obi del partito laburista (LP – Labour Party), poco più giovane dei suoi rivali e cristiano, dettaglio che viene considerato importante per mantenere un certo equilibrio secondo il principio dello zoning: presidenti provenienti dal nord, a maggioranza musulmana, che si alternano a presidenti del sud, a prevalenza cristiana, di norma affiancati da candidati alla vicepresidenza di provenienza opposta.
Ma non è tutto: per la prima volta nel Paese si è utilizzato un sistema di voto elettronico.
Diversi sondaggi condotti prima del giorno delle elezioni davano Obi in vantaggio. Gli Obitiens, così si fanno chiamare i sostenitori di Peter Obi, vedono inoltre una forte partecipazione femminile, espressione del desiderio di essere meglio rappresentate dalla governance.
Ma i fili delle vicende elettorali si intrecciano sempre con altre questioni politiche, economiche e sociali. Perché tutto sta alle tempistiche!
Qualche mese prima il presidente uscente aveva annunciato la riprogettazione della naira, la valuta nigeriana, ponendo come scadenza proprio il mese di febbraio. La decisione del governo ha messo a dura prova il Paese: il prelievo e il cambio del contante sono stati molto rallentati e i pagamenti elettronici non sono ancora così sviluppati, soprattutto nelle zone periferiche. Le interminabili file agli ATM, dove presenti, e la disponibilità limitata della nuova moneta hanno creato parecchi disagi negli spostamenti già molto limitati dalla crisi del carburante, nell’acquisto di beni di prima necessità e farmaci.
L’affluenza alle urne è stata la più bassa mai registrata a causa delle complicazioni burocratiche, della situazione economica crollata, delle segnalazioni di violenze ai seggi e del sistema di registrazione del voto andato in tilt in molte parti del territorio.
La vittoria, molto contestata, è andata a Bola Tinubu.
Rita quel mattino concluse con molta facilità la sua operazione allo sportello intrattenendo anche la donna dall’altra parte del vetro e, prima di andarsene, si avvicinò a me per un’ultima battuta. Fu forse quel gesto a riconoscermi simpatia anche da parte di altri due o tre presenti, che mi salutarono all’uscita. Di tutt’altra natura la simpatia che lei aveva manifestato nei confronti di Peter Obi, che ha significato per molti nigeriani una voce tra il popolo, che denuncia e condanna corruzione e violenza della polizia, diffonde politiche rivolte all’istruzione e ai giovani, e sperava di rompere il sistema bipartitico. Agli avventori da sale d’attesa, in fine, suggerisco di cogliere ogni opportunità che si presenta di scoprire qualcosa sulla persona che vi siede accanto, potreste imbattervi in storie come questa e guardare a certi eventi da un punto di vista concreto, meno distante, per qualche istante fuori dal nostro centro, più in là – verso altre Periferie.
Fonti per approfondimenti su Elezioni in Nigeria(2023): The New York Times, Il Manifesto, Il Post.