di Nemi Ferrara
Scrivo di me anche se non sono brava a farlo,
mi sento più sciolta nella comunicazione orale;
infatti papà, che mi conosceva bene, diceva sempre: “è difficile farti stare zitta”.
Ma oggi la sfida è uscire dalla mia zona di comfort.
Sono nata lì sulla costa (a Sud?) e vivo qui vicino alle montagne (a Nord?),
con geni peruviani e cultura italiana,
capelli indiani (dicono) e accento piemontese (che riconosco anch’io).
Il mio corpo confonde, mi hanno chiesto:
“indiana?”
“brasiliana?”
“caffè-latte?”
“araba?”
“sarda?”
“No, forse sei siciliana”, “ma potresti benissimo essere ligure!”
E scoppio a ridere.
Mi piace ridere.
Sorrido spesso, in particolare al nuovo.
Ricambio stupita lo “smile” (o sonrisa) della Luna crescente che vedo nel cielo,
perché sono abituata a vederla come una parentesi chiusa.
Ma è sempre la stessa Luna, solo due angolazioni diverse.
Mi rispecchio nell’acqua che scorre in senso antiorario.
Forse per questo mamma diceva: “fai sempre tutto al contrario”
… ma che ci posso fare se qua la corrente va in senso orario!
La Terra gira e il mappamondo rotola perché è rotondo,
perciò come può esserci un unico punto di vista dominante al mondo?
Non credo in una sola via da percorrere
e neanche a un singolo modello da seguire:
mi piace l’ordine ma anche la confusione,
per me è solo questione di umore.
Non distinguo la destra dalla sinistra se non mi concentro,
difatti, quando guido, capisco la direzione solo se me la indichi con la mano.
Sarà uno dei miei limiti?
Per alcuni è proprio così, ma in realtà ho un ottimo senso dell’orientamento!
In città cambio strada sovente, non per nascondermi dalla gente
ma per guardare lo spazio in modo differente.
Ci sono molti percorsi per raggiungere casa e ancora non li ho esplorati tutti.
Ho una casa e molti posti in cui potrei stare.
Ho un passaporto che mi permette di entrare in 189 paesi senza visto
e un altro, scaduto da tempo, che (secondo la classifica dei passaporti più potenti)
consentirebbe l’ingresso a 49 destinazioni in meno.
Posso dire di aver iniziato a viaggiare presto.
A nove mesi: il primo volo intercontinentale!
“Dalla periferia al centro”, direbbero in molti.
Io comunque non ne ho ricordo, solo teneri racconti.
È buffo,
per i primi tre mesi di vita non ho avuto un nome
poi sono arrivati loro e hanno condiviso con me l’amore
e quel bagaglio di privilegi che portavano con sé.
Ora che ne ho preso realmente coscienza,
grazie ad essi posso cimentarmi in questa prova di scrittura sulla mia esistenza.
Perché, oltre al nome e ai titoli di studio, ho dei pensieri e anche una voce.
Ho imparato col tempo a non dare niente per scontato.