di Alessandro Bergonzoni
Voce del silenzio fammi dire, ma non darmi la parola.
Fammi tacere, non mutare.
Dammi da pensare ed io mi darò da fare.
Sarò l’ombra sola del r’umore, che sparisce alla vista dell’udito e al tatto dell’olfatto, con gusto.
Pura apologia di creato che non si ode, si gode.
Pedinando farfalle
Medicando pulviscolo
Assiepando sguardi
Sfiorando l’indicibile
Festeggiando anniversari d’attimi detti.
Ma prima del compleanno del silenzio consentito ma non sentito, devo dare un volto a certe voci.
Voglio creare un tavolo delle trattative, che al posto delle gambe abbia arti inferiori artificiali, quelli degli uomini dalle gambe amputate perse a causa delle trattative che non hanno portato ancora a niente, se non a questo, in tutte le guerre.
L’urlo, si sente da qualsiasi Qui e fino a ogni Lá.
Fate Silenzio (entità del mistero dell’inudibile bacchetta magica in aere, che ancora poco riescono a fare per incantesimo).
Tocca a noi, toccare.
Siamo noi a dover esser loro, non facendo tacere nessuna bocca, se non quella di cannone e di fuoco.
Per tornare ad un silenzio pineale, forza contante del genio premortale.
Ma non come il popolo degli Zittiti: solo per gente con la voce rotta, rotta che si può invertire per andare verso versi che suonino bene.
Ego me dissolvo in nomine artis sine forma et in expansionis eterna. Uman
Alessandro Bergonzoni