di Alessia Cappuccelli
Illustrazioni di Onofrio Catacchio
Il concetto di periferia non si riduce solo all’aspetto meramente spaziale di un luogo urbanizzato. La periferia non è solo quell’area tipicamente degradata e malfamata, dove alcune fasce della popolazione si affollano per trascorrere un’esistenza marginale e spesso disagiata.
È possibile vivere in periferia anche quando si possiede un appartamento nel cuore pulsante di una metropoli, o quando si investono tutti i propri risparmi per raggiungere uno status economico che possa definirsi agiato.
La periferia più degradata, quella più squallida e tetra, non è infatti quella urbana, bensì quel liminare e pallido spazio interiore, quel confine spirituale ai margini della nostra coscienza che, attivamente o inconsciamente, scegliamo di abitare ogni giorno, vuoi perché più accessibile, vuoi perché privo di responsabilità.
Troppo spesso, nella nostra società materialista, dimentichiamo però che l’unico ambiente nel quale dobbiamo dimorare per il resto della nostra esistenza non è affatto un luogo concreto, bensì il nostro spazio interiore: il nostro corpo, la nostra anima, il luogo intangibile dentro di noi che, dall’alba dei tempi, ci domandiamo se esista o meno.
Trascorriamo così tanto tempo al di fuori, nell’ambiente esterno, da dimenticarci addirittura di scoprire, ammirare, abbellire e riordinare la nostra casa interiore.
È dunque sotto questo punto di vista, quello spirituale, che la nostra esistenza si riduce a una vita in periferia, trascorsa ai confini della nostra anima, ai margini della nostra coscienza.
Quotidianamente proiettiamo all’esterno il nostro ego smisurato, alla costante ricerca di approvazione, affetti stabili, oggetti in grado di soddisfare i nostri bisogni. Ci dedichiamo così smodatamente alle questioni estrinseche da scordarci addirittura di spolverare la nostra mente, di aprire le finestre del nostro ego, per permettergli di cambiare aria.
Ignari e indifferenti, viviamo nell’angusto ingresso della nostra casa mentale, senza mai concederci di esplorare le stanze limitrofe, senza mai permetterci di raggiungere il centro delle nostre anime, le sale da pranzo imbandite a festa, che mai scopriremo.
Abbiamo perso la consapevolezza di noi stessi, l’amore per il nostro Io interiore, l’affetto premuroso per il corpo che abitiamo.
Ma, nonostante l’indifferenza, non è mai troppo tardi per riavvicinarci e riallacciare il rapporto incrinato con il nostro centro. Seppure ignorati e trascurati da una vita, possiamo ancora trovare la via per superare il silenzio degradato della nostra anima periferica e raggiungerne il fulcro.
Possiamo sempre intraprendere questo percorso, a qualunque età ne iniziamo a percepire il bisogno. È sufficiente svegliarsi una mattina e scegliere di iniziare: iniziare ad amarci, iniziare a essere consapevoli delle nostre azioni e movimenti, iniziare a meditare.
Meditare è tutt’altro che complicato e, diversamente da quanto si pensi, prima dell’avvento dei cellulari, lo facevamo già con costanza. Meditare, come sostiene il Maestro zen Tetsugen Serra, è vivere nel qui e ora, è agire nel mondo con la consapevolezza del proprio Io ed esercitarla a pieno.
La pratica seduta e silenziosa, quella con le gambe incrociate e la schiena ritta, è infatti solo una delle tante meditazioni che dovrebbero accompagnarci durante il giorno: preparare la colazione, affettare una mela, camminare per andare a lavoro, stare seduti in metropolitana, sono tutte azioni alle quali potremmo associare una meditazione sveglia, per riuscire a vivere con consapevolezza di ogni piccolo gesto della nostra vita, semplicemente esercitando la presenza su ciò che stiamo facendo in quel preciso momento, senza pensare ai nostri altri impegni, solo vivendo il presente.
Per evitare che il vortice dei social network e delle azioni online ci impedisca di raggiungere il nostro centro e per averne una piena e olistica coscienza, per fuggire dalla tentazione di trascorrere interi anni della nostra vita proiettati all’esterno, alla periferia del nostro spirito, dobbiamo solo meditare e, finalmente, quando impareremo a conoscerci, potremo riappropriarci dell’unica cosa che ha davvero importanza: la nostra anima.
Bibliografia:
- Zen 2.0 La via della felicità, Maestro Tetsugen Serra, Cairo Editore, Milano, 2014
- Zen 3.0 La via della meditazione, Maestro Tetsugen Serra, Cairo Editore, Milano, 2016