di Virginia Martinig
fotografie di Alice Kohler e Claudia Andujar
Nel cuore dell’Amazzonia, in una generosa porzione di territorio che si estende tra il nord del Brasile e il sud del Venezuela, vive il popolo Yanomami, una realtà etnica oggi simbolo della dura e sanguinaria lotta alla sopravvivenza delle comunità indigene. Preservata a lungo da una natura impervia ed incontaminata, questa popolazione ha vissuto per molti secoli in una condizione di isolamento. Il silenzio della solitudine e l’inaccessibilità della terra le hanno permesso di definire una propria autentica identità culturale e spirituale in forte connessione con la natura.
La storia degli Yanomami è segnata tuttavia anche da scenari tragici, da catastrofiche deforestazioni, da violenze, soprusi e da invasioni brutali, in ultimo l’epidemia Covid, che alterano irrimediabilmente questo perfetto equilibrio socio-ecologico. La lotta Yanomami, nasce proprio dalla necessità di riaffermare il controllo sulla propria cultura e sul proprio territorio, resistendo e contrastando la supremazia politica antagonista (della quale Jair Bolsonaro è a capo con la campagna contro gli indigeni) e avanzando nuove proposte per la salvaguardia dell’intero territorio Amazzonico.
Oggi ritroviamo nei lavori fotografici di Claudia Andujar e Alice Kohler, realizzati nel territorio Yanomami, uno stimolo visivo emotivamente evocativo. Non sono semplici ritratti o effimeri istanti di vita quotidiana, bensì un tentativo di rispondere alla domanda più cruciale: qual è il significato della vita? La risposta ha trovato spazio e tempo all’interno di due realtà museali che nel corso del 2020 hanno esposto e condiviso con il pubblico i volti di una cultura lontana come testimonianza dell’esistenza di realtà etniche a rischio estinzione.
Presso la Civica Galleria d’Arte Contemporanea Filippo Scroppo, a Torre Pellice (Torino), il progetto espositivo Arte come Resistenza, curato da Ilaria Borgo, ha dato vita ad una molteplicità di interpretazioni artisti che del tema storico e attuale della resistenza e della libertà dall’oppressione. Alice Kohler, presente come artista all’interno della mostra, ha realizzato alcuni intensi ritratti e scatti fotografici di denuncia sociale che testimoniano la speculativa politica brasiliana contro l’Amazzonia, vista attraverso gli occhi degli indigeni anomami. La Terra Protegida, la terra protetta, è solo una demarcazione di territorio convenzionale dentro il quale l’interesse economico e politico continua a insidiarsi senza scrupoli. Le immagini della Kohler comunicano la forza espressiva di questa società che lotta per le proprie terre e la propria identità culturale.
Parallelamente, alla Fondation Cartier Pour l’Art Contemporain di Parigi, troviamo una grande retrospettiva del lavoro della fotografa e attivista Claudia Andujar — nonché fondatrice della Comissão Pró-Yanomami (CCPY) — curata da Thyago Nogueira. In questa mostra si ripercorre a partire dagli anni ’70 la sua testimonianza fotografica, che cristallizza la bellezza eterea dei corpi Yanomami nella loro terra d’appartenenza. Non emerge sofferenza, ma un delicato desiderio di libertà.
Alice Kohler e Claudia Andujar testimoniano come attraverso l’arte si possa contrastare le false tracce di una politica corrotta, per dare spazio all’espressione del vero senso della vita: la libertà. La distruzione ambientale dell’Amazzonia si muove parallelamente alla distruzione culturale dei popoli che occupano e tutelano questo ambiente.
Un libro nel quale possiamo ritrovare riferimenti più approfonditi in merito alla complessa cultura e mitologia anomani è La caduta del cielo. Parole di uno sciamano yanomani, Nottetempo, Milano, scritto dall’atopologo Bruce Albert insieme a Davi Kopenawa, personalità centrale nella lotta indigena.
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